venerdì 3 ottobre 2014

In viaggio (Primo giorno)

E' quasi un anno che non scrivo sul blog............................ inutile parlarne.
Spesso il desiderio, il bisogno di rifugiarsi in questo spazio metafisico mi porta a raccogliere pensieri da condividere. Il problema è che il tempo a disposizione per digitalizzare il tutto risulta sempre più scarso e quelle emozioni, quelle intime esternazioni finiscono per trasformarsi in semplici ricordi....

Quest'estate sentivo forte l'esigenza di viaggiare, di affrontare un'avventura. Si può viaggiare in tanti modi e per diverse ragioni ma io percepivo l'esigenza di espiare una colpa, di fare due chiacchiere a muso duro con il sottoscritto. Quale occasione migliore, fatta di sofferenza fisica e solitudine, se non quella di pedalare per 389 km? Cosa potevo trovare di meglio per costringermi a parlare? Nulla!
Erano anni che sentivo il desiderio di farlo e quest'anno c'è stato sufficiente coraggio e la giusta motivazione...... e così sono sceso in Calabria con la bici (di Stefania!!!). Venivo da un paio di mesi in cui non mi ero sentito particolarmente a mio agio con me stesso. A questo si aggiungeva un trauma vissuto qualche settimana prima della partenza che mi aveva destabilizzato ulteriormente. Non potevo non ascoltarmi. Forse il motivo principe della mia necessità nasceva proprio da quel trauma, da quegli occhi blu che mi tormentavano la notte. Per farla breve, per una mia "distrazione", mio nipote Federico ha rischiato di annegare. E' stato un attimo, dieci metri di distanza e mi sono sentito chiamare da mio figlio con una voce carica di paura. La scena che mi sono trovato di fronte si è stampata indelebilmente nel mio cervello. Quei due occhi blu annaspavano nell'acqua. Ora sommersi, ora vivi lottavano per rimanere aperti ancora. Non ricordo come ma mi sono ritrovato in acqua a sorreggerlo....... "grazie zio!" le sue parole. Da quel momento, quotidianamente, rivivevo la scena in mille modi diversi con un esito sempre drammatico.....un tormento. Mi sentivo in colpa, mi sentivo responsabile di un qualcosa che poteva segnare per sempre il destino di un bambino.

Primo giorno:
Sono le 6:30, è tutto pronto. Carico come una molla, sono consapevole del fatto che mi aspettano due
giorni intensi, speranzoso che siano anche ricchi di emozioni. L'imperativo è categorico, andare piano.
L'aria è piacevolmente fresca, via Caracciolo è un vero spettacolo. Mi emoziono nel guardare il Vesuvio in lontananza pensando che devo raggiungerlo e superarlo. Da Piazza Municipio a Torre del Greco il viaggio è da incubo. Il fondo stradale è fatto di blocchi di basalto, non c'è un attimo di pace. Sono costretto a pedalare in piedi sulla bici per non "affaticare" il mio posteriore. Due ore a sperperare energie fisiche e mentali........ le pagherò a caro prezzo, lo sento. La situazione non migliora da Torre del Greco in poi. Se da un lato il fondo stradale è diventato scorrevole dall'altro la "città", oramai, è completamente sveglia. Torre Annunziata, Scafati, Angri, Cava dei Tirreni una lunga fila di macchine, autoarticolati, moto, semafori, polvere, gas di scarico, frastuono........l'inferno! Dove sono i miei boschi? La strada comincia a scendere verso Salerno, il peggio è passato. Ho la bocca piena di polvere, ne sento lo scricchiolio sotto i denti......che schifo. Faccio una sosta nella villa comunale della Perla del Sud. Mi rinfresco il corpo, sciacquo la bocca.......quasi una doccia, comincia a far caldo. Percorro il lungomare con leggerezza, finalmente un po' di pace. Mi ritrovo a pedalare con gioia mirando i bagnanti, il riflesso dell'acqua.......comincio a sentirmi in vacanza. Mai distrarsi! Sbaglio strada. Invece di percorrere la diagonale, mi ritrovo a coprire i cateti di un immaginario triangolo rettangolo che collega Salerno e Battipaglia. Quasi un'ora in più (20 km) sulla tabella di marcia e sotto un sole cocente.....la pagherò a caro prezzo, lo sento. Ore 13:00, sono a Battipaglia. Decido di fermarmi a mangiare, bere e riposarmi. Sono a metà del tragitto e comincio a sentire la stanchezza; un'ora di sosta mi farà bene. Cerco di rilassarmi, fino ad ora il viaggio è stato troppo frenetico. "Non è una gara" mi ripeto, non è una gara.
Fa caldo, il sole picchia forte sulla pelle. Ho passato da poco Eboli e la strada comincia a salire.
Ci sono da scalare gli Alburni per infilarsi nel Vallo di Diano, la mia prima meta è lì. Bevo con continuità ma sento che il corpo evapora più velocemente. Il tratto più duro del percorso capita nel momento più caldo della giornata.....non lo avevo previsto. Le gambe girano bene, il cardiofrequenzimetro mi tranquillizza, pedalo con un buon ritmo. Ora che sono finalmente solo non ho il coraggio di rilassarmi a guardare intorno a me, dentro di me. Fisso l'asfalto cercando di farlo scorrere ininterrottamente. Dopo quasi due ore, la salita termina. Ora le gambe mi fanno male, sono vuote. La seduta non è più "piacevole", accuso dolori anche al fondoschiena. Cerco di sciogliere i muscoli in discesa, mi idrato, mangio qualcosa ma le sensazioni non sono ottime. Scendo verso Auletta. Una frana mi costringe a prendere la bici in spalla, altra mazzata sulle gambe. Arrivo alle Grotte di Pertosa e la strada ricomincia a salire. Davanti a me un muro verde ed una serie di tornanti in lontananza che non fanno presagire nulla di buono. Sono cotto e manca ancora tanto. Non mi abbatto e continuo a pedalare sfruttando rapporti sempre più leggeri. Devo alzarmi spesso sui pedali perché la sella mi sta logorando le natiche........errore non partire con la mia sella! Alzarsi sui pedali significa affaticare ulteriormente le gambe ed infatti........crampi!
Faccio appena in tempo a scendere dalla bici che i bicipiti femorali si pietrificano. Mi siedo a terra per cercare di stirarli ma il dolore è lancinante. Mi alzo per provare a camminare ma non riesco a muovere le gambe.......è la fine! Davanti a me i tornanti sono più vicini ma ancora belli alti, il muro si è solo avvicinato. Respiro, bevo, mi calmo. Faccio un passo, poi un altro.... ora posso almeno camminare. Il Vallo di Diano è dietro quel muro. Casalbuono (prima tappa) è troppo lontano. Devo almeno scollinare, scendere verso la civiltà per trovarmi un posto dove dormire. Sono le 17:00, ci sono più di due ore di luce ancora e se cammino fino alla vetta ce la faccio. Mi costa fatica camminare in salita, spingendo la bici, ma almeno "macino metri" e mi posso, finalmente, guardare intorno. Sto meglio, ora sono sull'ultimo tornante......in alto. Mi giro a guardare alle mie spalle per la prima volta. Da qui riesco a scorgere quello che è stato il tragitto di oggi, non mi sembra possibile! Risalgo in sella a fatica. La bici scende da sola verso la valle. Provo a far girare le gambe, un po' di stretching per scongiurare altri crampi. Ormai non ho più niente da dare. Inutile andare oltre; meglio fermarsi per recuperare quanto prima possibile. Mi fermo ad Atena Lucana dopo 198 km, quasi dieci ore a pedalare. Una doccia, una cena ingerita con difficoltà e collasso nel letto.




















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